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Messages - Alessio Cifani

#1
Ubisoft, con il suo framework UbiArt, ha fatto grandi cose: ha ridato i colori agli schermi, ha dato un degno avversario a Mario nei platform 2D, mi ha commosso con Valiant Hearts, mi ha riempito i momenti morti in giro con un paio di giochi mobile ben confezionati, e mi ha intrattenuto per una quindicina di ore con questo Child of Light.


Così  come è stato per Rayman, anche Child of Light va a riempire un buco lasciato da Nintendo: è ciò che sarebbe dovuto essere Paper Mario, anziché diventare quella grossa delusione di Sticker Star.

Alla base del gameplay ci sono infatti gli scontri a turni degli RGP giapponesi, rivisitati in chiave dinamica: così come nella serie di Intelligent System, anche qui scegliere le tecniche da usare dai menù non basterà quasi mai a superare agevolmente gli scontri, ma si dovrà prender parte attiva durante i turni, rallentando i nemici o curando i membri del party usando un personaggio-puntatore.

Il resto viene pari pari dal canone JRPG: personaggi differenziati secondo le logiche paradigmatiche di tank, mago, support e destrezza, alberi di abilità piuttosto standard, gemme da craftare, i soliti quattro elementi mutualmente efficaci. I nemici invece, per quanto pochi, tendono ad essere diversificati e ben assortiti, ed ogni battaglia va risolta in modo quasi sempre diverso: non capiterà di iniziare e finire il gioco con lo stesso trittico di personaggi, come invece succede in molti RPG.


La progressione è buona, ma in un paio di punti la difficoltà si innalza senza motivo, costringendo il giocatore a studiare ancora meglio le abilità dei personaggi e i modi di combinarle e, nonostante ciò, le probabilità di game over saranno altissime. Anche fuori dai combattimenti si viaggia tra leve, casse e interruttori: nulla di nuovo, con l'aggiunta di collectible defilati e la raccolta di globi luminosi da prendere seguendo un particolare ordine (esattamente come in Rayman Legends) che rendono l'esplorazione più godibile.

Dal punto vista visivo il motore grafico rende giustizia ai colori dello schermo di Vita: le tavole in cui ci muoveremo sembrano prese da quadri ad acquerello, e anche il sound design propone una selezione di tracce orchestrate che ben sottolineano il tono crepuscolare del gioco. 

Menzione a parte merita l'adattamento italiano: tutto il gioco è scritto in rima. Non ho giocato la versione originale, ma si vede che il lavoro fatto nella localizzazione è enorme, e dà il massimo nei dialoghi doppiati. Peccato che si contino sulle dita di una mano: il resto andrà letto e, esattamente come i dialetti di Final Fantasy IX, non sono riuscito ad apprezzare fino in fondo i testi.   


In definitiva, Child of Light è un buon prodotto, tanto derivativo, ma impacchettato in una forma che non può non smuovere qualcosa nell'animo del giocatore, oltre ad essere un buon sostituto del Paper Mario che doveva essere e non è stato. Un po' ripetitivo, ma è un difetto congenito al genere di appartenenza.

Ubisoft si è presa e continua a prendersi tanta merda in faccia ma se i soldi Assasin's Creed continueranno ad essere spesi anche per queste produzioni io sarò contento.

#2
Xenoblade Chronicles è un gioco immenso, un incubo per ogni completista. È un JRPG che fa un grosso salto verso occidente, cercando di entrare nelle grazie di chiunque, rompendo molti dei paradigmi del genere.


Il declino dei JRPG, oltre che alle mode del mercato mainstream, è stato causato dall'immobilismo del genere: chi si approccia a un gioco di ruolo nipponico sa che dovrà sorbirsi cut scene infinite con trame pretestuose e colpi di scena telefonati, bambini emo che salvano il mondo, menù e sottomenù pieni di inutili statistiche, e in genere l'esperienza attesa è quella di un gioco lineare e guidato.

Con Xenoblade si cambia musica: tutto il gameplay ruota attorno alla libertà data al giocatore di fare ciò che vuole. Niente save point, si può interrompere la partita quando si vuole. Via le limitazioni nei movimenti, tutti i punti della mappa esplorati si possono raggiungere istantaneamente. Basta combattimenti casuali a turni, si passa ad un sistema di gioco fluido, veloce, e approcciabile da chiunque, ma che nasconde insperati gradi di complessità sotto la superficie.

Si approcciano i nemici con l'intenzione di combatterli, e un sistema di colori che ci avvisa sul probabile esito dello scontro: se il nome del nemico è rosso c'è da livellare e tornare successivamente, se è grigio morirà al solo guardarlo, quelli con l'etichetta blu sono giusti per lo status del party.


Si parte con gli attacchi base automatici, e nel frattempo si caricano le tecniche che avranno effetti diversi a seconda della posizione del nemico: alcune avranno efficacia se portate alle spalle, altre sono efficaci di lato o di fronte, altre ancora infliggeranno status negativi che permetteranno agli alleati di far più male con i loro attacchi peculiari. E qui si nasconde una meccanica che quasi trasforma i combattimenti in un rhythm game: la fastidiosa abitudine dei giapponesi di gridare il nome dell'attacco che stanno per sferrare, manco fossero dei cavalieri dello zodiaco, è funzionale al gameplay.

Imparando a conoscere gli attacchi speciali dei componenti del party, si è in grado di rispondere alle tecniche alleate per creare combo devastanti. Ad esempio, se uno dei compagni urla il nome di un attacco che infligge "fiaccamento", si può rispondere con un attacco che atterra il nemico, se il nemico viene atterrato si può stordire, se uno dei nostri viene attaccato troppo o viene buttato giù ci si può avvicinare e incoraggiarlo.

Ci si prende subito la mano, e si risponde da subito in maniera quasi istintiva all'operato dei compagni.


Ma non si vive di soli combattimenti nel gioco di Monolith Soft: prendendo a modello i MMORPG, il giocatore viene premiato per il tempo che passa nel gioco, più che per quello che fa. Esplorare le enormi mappe, cercare collectible, parlare con gli NPC: tutto fa guadagnare esperienza in Xenoblade, e tutto contribuisce alla sensazione di esperire un mondo coerente, creato e studiato ad arte, con una direzione artistica ben sopra la media.

Tutto perfetto, quindi? Manco per niente. Se dal lato gameplay Xenoblade merita solo lodi, sul piano narrativo si prende più di una critica. La caratterizzazione dei personaggi prende a piene mani dai cliché del genere: il protagonista neutro, il tank stupidotto ma di buon cuore, il triangolo amoroso, il pupazzone che ispira finta simpatia, il doppiogiochista, il villain da operetta, e anche la trama, che parte raccontando di una vendetta, si trasforma ben presto in nel classico "bambini salvano il mondo" da anime di serie B.

In generale è un titolo da consigliare a chi cerca un sistema di gioco profondo, veloce e molto vicino ai gusti occidentali, nonostante una realizzazione tecnica non all'altezza. Sì, perché  Xenoblade Chronicles è tecnicamente brutto, era brutto su Wii nel 2011 ed è brutto oggi su New 3DS.


Ma quello che era a malapena accettabile quattro anni fa, e su una console non pensata per essere un mostro di potenza, diventa inaccettabile nel 2015, su una macchina che riesce a mostrare gli scorci di Monster Hunter 4. Consiglio di recuperarlo su Wii e giocare con le impostazioni di monitor/TV per filtrare e ripulire l'immagine, piuttosto che giocarlo in forma portatile.

Oppure si può aspettare il prossimo Xenoblade Chronicles X che, si spera, darà una forma degna e al passo con i tempi a quello che è a tutti gli effetti un gioco eccellente.

#3

Monster Hunter è eroina digitale: dà piacere e assuefazione. È un gioco particolare, un action-RPG in cui, nomen omen, si impersona un cacciatore di mostri con un approccio forse poco adatto al mercato odierno, dato che richiede tanto grinding, ma che sa dare tanta soddisfazione e concede tanta libertà nel personalizzare il proprio stile di gioco.

Per fare un paio di paragoni azzardati, lo si potrebbe inserire tra Shadow of the Colossus e Pokémon: il senso di impotenza nell'incontrare un mostro, così come la brutta sensazione di aver fatto qualcosa di sbagliato quando la preda zoppica e con la faccia contratta dal dolore si ritira nel nido, mi hanno ricordato vagamente l'opera di Ueda, mentre per design dei mostri ci torviamo in zona Pokémon "adulto" con draghi, squali, conigli mannari, scimmioni, tutti con i loro moveset e con versioni shiny più potenti.

Insomma, Monster Hunter 4 Ultimate non è un gioco per vegani.


Nelle prime ore di gioco si ha l'impressione di trovarsi davanti a un prodotto grezzo: non c'è lock on sui nemici, e le mappe sono fatte di piccole arene disgiunte che non aiutano a creare una sensazione di mondo coeso. Due sono i macro-approcci al combattimento: armi a corto raggio, e attacchi a distanza. In entrambi i casi la mancanza apparentemente anacronistica della telecamera bloccata sul nemico si fa chiara: si incontrano i primi mostroni da tirare giù, si inizia ad imparare i loro pattern di attacco, si studia il loro comportamento, e ci si accorge che  posso essere attaccati su varie pari del corpo.

Correre sotto l'addome di un drago mentre attacca spazzando con la coda, squarciargli le ali rotolando su un lato, rompergli il muso mentre urla per richiamare l'attenzione degli altri animali, rompergli gli artigli delle zampe mentre tenta di schiacciarci: nulla di tutto questo sarebbe stato possibile con il targeting fisso della telecamera.

Allo stesso modo, imparare a conoscere le ambientazioni del gioco è fondamentale tanto quanto conoscere i comportamenti delle nostre prede: ogni zona nasconde angoli in cui ci si può riparare per riguadagnare energia bevendo una pozione o in cui si può affilare l'arma (che perde potenza progressivamente), e sporgenze dalle quali si può attaccare (ed essere attaccati) dall'alto.


Si inizia così, buttandosi a capofitto nel combattimento vero e proprio per poi capire che la preparazione, per una battuta di caccia, sarà importante tanto quanto l'abilità con l'arco o la spada: presa confidenza con le basi dell'azione, il gioco rivela un inaspettato grado di complessità negli elementi ruolistici, tutti legati al crafting.

Non si sale di livello uccidendo mostri, ma si raccolgono risorse per creare armi ed armature che fanno salire le statistiche e sbloccano abilità. E la creazione è solo l'inizio del circolo virtuoso del sistema di crafting: le armature dovranno essere migliorate, le armi dovranno evolvere in strumenti di attacco sempre più potenti raccogliendo altre risorse, artigli, scaglie, uccidendo compulsivamente lo stesso mostro più e più volte per diventare abbastanza potenti da poter passare a quello successivo.

La crescita delle statistiche non è l'unica molla che spinge a ripetere per l'ennesima volta la stessa missione: l'intelligenza artificiale gestisce benissimo il comportamento delle prede. Si inizia sempre con la sensazione di non farcela: i mostri sono aggressivi e minacciosi, tendono a incazzarsi man mano che subiscono attacchi e diventano più veloci e pericolosi, si ritirano nel nido mosci e claudicanti per evitare la morte e, dal sentirsi inadeguati, si passa al sentirsi quasi stronzi nel vedere la bestia piangere affaticata.


La progressione del gioco è studiata bene: non c'è mai la sensazione di trovarsi davanti a picchi di difficoltà scorretti, e in genere il gioco è rispettoso del tempo che il giocatore decide di investirci per tutta la "campagna" single player. E una volta alla fine, il gioco si mostra per quello che è veramente: un enorme tutorial per la modalità multiplayer.

Le battute di caccia con altri giocatori sono il vero cuore pulsante del gioco: le missioni iniziano a farsi toste, con più mostri nella stessa area di gioco o le versioni "shiny" più cattive e difficili da ammazzare, e le ricompense permettono di diventare dei semidei, creando armi e armature paurosamente potenti.

Monster Hunter è un gioco che sa dare tanto se si approccia nel modo giusto: si inizia piano, pianissimo, raccogliendo miele ed erbette in giro, e si finisce a dare la caccia a creature che fanno fatica a stare tutte intere nello schermo. E prima che sia possibile rendersene conto, la vera caccia ha già avuto successo: Capcom si è presa lo slot del mio New 3DS, e non lo mollerà a breve.

#4
Presentazioni / Re:Hello World!
15 October 2014, 14:44:10
Grazie a tutti!
In realtà non sono un tipo da forum, mi sono iscritto per capire se c'era la possibilità di organizzare un Free Raduno alla games week e conoscere un po' di gente di persona. Qual'è la sezione giusta?
#5
Presentazioni / Hello World!
14 October 2014, 18:59:06
Ciao anche qua,
sono Alessio ma tutti mi chiamano Cif perché spruzzo roba bianca e cremosa. Giocatore mercenario (finito il tempo del fanboysmo mi è rimasto il cuore a forma di N), barbuto e ascoltatore di podcast con il dono della sintesi.